Quello che conferiva un’importanza singolare alla
città di Lucca, era la presenza dell’immagine lignea del Volto Santo, Si tratta
di un “Crocifisso” molto particolare; Il Cristo effigiato è vivo e con gli
occhi aperti e veste una tunica legata ai fianchi con un cordone. Secondo la
tradizione il Crocifisso sarebbe giunto il “Venerdì Santo” del 782
d.C., nel porto dell’antica città di Luni a bordo di una nave senza nocchiero.
Autore dell’opera sarebbe il discepolo di Gesù, Nicodemo. Tranne il volto,
realizzato invece dagli angeli. Si tratterebbe quindi di un’immagine
“acheropita”, ovvero “non fatta da mano umana”. Come la
“Veronica” oppure il “Velo di Manoppello”. Le moderne
analisi hanno datato il Crocifisso a un periodo compreso tra l’XI e il XII
secolo, lavoro ascrivibile a un maestro lombardo. Il fascino che scaturisce dal
crocefisso colpisce il visitatore in maniera potente: innanzitutto per le
dimensioni: un’altezza di circa tre metri e una larghezza di due metri e mezzo.
Il corpo del Cristo è ricoperto da una lunga veste a pieghe che conferisce
all’immagine un regale aspetto, completamente diverso dalla tradizione
iconografica, che raffigura Gesù, sulla croce nudo, vestito soltanto del
perizoma. L’elemento che cattura il visitatore in maniera forte, incisiva è
sicuramente la raffigurazione del volto, l’incarnato è roseo, labbra rosse,
chioma e barba corvini; gli occhi sono aperti, espressivi, profondi, severi.
Non è l’immagine di un moribondo ma bensì l’immagine del trionfo sulla morte,
la sua veste non è quella di un condannato, la sua veste è il “columbium” la
veste dei sacerdoti, la veste del Sommo Sacerdote.
La “leggenda” del Volto Santo, si perde nell’antichità, infatti, si
narra che il crocifisso venne scolpito
da Nicodemo, il “discepolo occulto” di Gesù, con l’aiuto degli angeli
per l’esecuzione
del viso, e rimane nascosto per più di settecento anni a Ramla, una città della
Palestina. Qui è ritrovato, dietro ispirazione di un angelo apparsogli in
sogno, da Gualfredo, vescovo subalpino pellegrino in Terra Santa col suo
séguito, che lo reca al porto di Ioppe, l’odierna Giaffa, dove lo carica su una
nave, che sigilla con bitume e affida al mare priva di equipaggio, pregando la
divina provvidenza che lo conduca in terre cristiane. La nave, dopo avere
attraversato miracolosamente gran parte del Mediterraneo, si ferma al largo
delle coste di Luni, non lontano da Bocca di Magra. I lunensi esperti marinai,
dediti al commercio marittimo, ma anche alla pirateria calano in mare le
barche, per predare quella nave incustodita; ma inutilmente, perché, a ogni
tentativo di raggiungerla, la nave riprende il largo allontanandosi da loro.
Frattanto,
a Lucca, un angelo appare in sogno al vescovo, il beato Giovanni I,
rivelandogli l’arrivo a Luni, del Volto Santo e comandandogli di recarsi là col
clero e i maggiori del popolo, per prenderlo e portarlo a Lucca. Giunto al
porto di Luni col suo séguito, il vescovo vede i lunensi che di nuovo tentano
con remi e vele di raggiungere la nave, e questa che si allontana sottraendosi
ai loro arpioni. Il beato Giovanni fa cenno ai marinai di fermarsi, ed esorta
tutti a chiedere l’aiuto di Dio; a questo punto, la nave si dirige
spontaneamente verso di lui, che apre i boccaporti ed entra con i suoi nella
stiva, dove trovano il Volto Santo, alla vista del quale tutti quanti scoppiano
in lacrime di gioia e intonano il Gloria in excelsis.
Nasce
poi una disputa fra i lucchesi e i lunensi su quale delle due città abbia
diritto a custodire il simulacro. Prima il vescovo Giovanni estrae dall’interno
della statua alcune delle reliquie in essa contenute, fra cui una delle due
ampolle del sangue di Gesù Cristo quella oggi a Sarzana, l’altra è quella
attualmente venerata a Lucca in S. Frediano e le consegna al vescovo di Luni;
poi si ricorre alla celeberrima “prova dei giovenchi indomiti”: il
Volto Santo viene issato su un carro riccamente addobbato, a cui vengono
attaccati due vitelli non ancora aggiogati. Lasciati liberi di andare, gli
animali si dirigono verso Lucca: di fronte al risultato di questo
“giudizio di Dio”, i lunensi se ne tornano alle loro case, mentre il
vescovo Giovanni sale sul carro, che, attorniato dagli altri lucchesi, giunge
trionfalmente a Lucca sul far della sera. Correva l’anno 782, secondo del regno
comune di Carlo Magno e Pipino II.